Negli articoli precedenti abbiamo fatto un’analisi completa del comportamento di tutte le tipologie di sostanze solubili in acqua; sappiamo che l’acqua è un solvente quasi universale ma, nonostante ciò esistono numerose sostanze che risultano non solubili in acqua. In questo articolo approfondiamo proprio il comportamento dell’acqua nei confronti delle sostanze insolubili.
Nell’articolo precedente “La chimica con approccio Know why” abbiamo analizzato tutti gli elementi con carica elettrica +1, +2, +6 e +7. Tralasciamo i gas nobili conosciuti(1) perché sappiamo bene che essendo neutri e gassosi, se immessi in acqua ne fuoriescono rapidamente senza praticamente mescolarsi con l’acqua(2), e comunque senza modificare in alcun modo le proprietà intermolecolari dell’acqua. Rimangono da analizzare gli elementi con carica elettrica +3, +4 e +5 che, come noto non sono solubili in acqua. Gli atomi di ossigeno dovrebbero essere attratti da questi ioni metallici positivi, ma ciò è possibile solamente se il valore di “q” è maggiore di 0,30, altrimenti lo ione risulta troppo protetto per dar luogo all’accoppiamento con l’ossigeno. Ecco che gli ioni si trovano circondati da atomi di ossigeno e da gruppi OH. In ogni caso si assiste, come nel caso dell’acqua pura alla polimerizzazione con la differenza che in questo caso le forze di legame sono venti volte più forti. Mentre dunque nel caso dell’acqua pura la polimerizzazione è molto instabile e costituita da poche molecole d’acqua aggregate fra loro, in questa situazione, al contrario è molto stabile e costituita da numerose molecole aggregate fra loro attorno allo ione della sostanza che fa da aggregante(3) tanto da poter considerare questo stato polimerizzato una vera e propria fase diversa da quella liquida. A volte, a seconda degli ioni presenti in acqua, i polimeri arrivano ad essere costituiti da miliardi di molecole: è il caso delle particelle colloidali(4). Nel momento in cui questo stato di aggregazione diventa troppo grande si assiste ad una precipitazione della sostanza allo stato solido. Questo tipo di aggregazione è non solo tipico della chimica della natura ma è abbondantemente utilizzato anche dalla tecnologia per realizzare molte sostanze sintetiche polimerizzate.
Ma per non restare teorici cominciamo a fare alcuni esempi pratici utilizzando il metodo lagrangiano che ormai abbiamo ben imparato ad utilizzare. Utilizziamo la formula (2) ricavata nell’articolo precedente “La chimica con approccio Know why” che consente di calcolare il numero di protoni liberati in funzione del pH.
Applicando questa formula al fosforo P in condizione di pH = 7 e considerando che la carica elettrica è pari a z = +5 (siamo a cavallo tra solubile e insolubile), il numero di molecole d’acqua solvatanti in zona A è pari a k = 4, l’elettronegatività del fosforo è pari a EN(P) = 2,49, otteniamo un numero di protoni pari a n = 6, cioè una forma aggregata fortemente complessante del tipo (H2PO4)– che si lega facilmente al calcio Ca++ e forma un materiale con ottime caratteristiche meccaniche. Ecco perché chimicamente il fosforo si presta ad essere utilizzato per la realizzazione di detersivi, oppure per rendere la carne ed il pesce più fragranti. Ed ecco perché costituisce l’unità energetica della cellula: proprio perché non condensa facilmente. Tutto ciò è facilmente deducibile anche applicando la formula (1) soprariportata; considerando che EN(Sl) = EN(P) = 2,11, otteniamo EN = 2,49 e q(P) = +0,19. Si tratta di un valore troppo piccolo affinchè possa avvenire la reazione 2H2PO4– — > HO3P-O-PO3H + H2O. Invece la reazione inversa risulta esotermica e si produce spontaneamente. I polifosfati quali l’ATP o l’ADP sono esempi che ritroviamo nella cellula e che sono possibili per via della differenza protonica esistente tra i due lati della membrana interna dei mitocondri. Se facessimo gli stessi calcoli col vanadio, che chimicamente si comporta come il fosforo, otterremmo q(V) = +0,48, valore che faciliterebbe la reazione spontanea 2H2VO4– — > HO3V-O-VO3H + H2O con formazione di un decondensato [V10O28]– di cui la cellula non saprebbe che farsene.
Torino 13 aprile 2020
Gianfranco Pellegrini
Note
(1) A parte i gas nobili noti (Elio, Neon, Argon, Kripton, Xeno e Radon), nell’ultima colonna della tavola periodica esiste anche un elemento che si chiama Oganesson, e prende il nome definitivo dal chimico russo Jurij Colakovic Oganesian (prima del 2016 era temporaneamente stato chiamato “ununoctio” e poi eka-radon). Pur essendone stata ipotizzata l’esistenza già da Bohr la sua effettiva esistenza è stata confermata dalla IUPAC e dalla IUPAP solo nel dicembre 2015. Si tratta di un elemento sintetico radiattivo (come il Radon) forse gassoso a 25°C. Alcuni scienziati pensano che possa avere le stesse caratteristiche degli altri gas nobili noti oltre ad essere un semiconduttore. Altri invece, piuttosto che un gas nobile, ritengono che sia in grado di formare ossidi, cloruri e fluoruri. Altri scienziati ancora ritengono che le sue proprietà si scambino con quelle del suo vicino di sinistra – il “flerovio – e che dunque l’Oganesson sia solido e non presenti le caratteristiche di un gas nobile, mentre il Fleronio, sarebbe gassoso e si comporterebbe come un gas nobile.
(2) Grazie ad una struttura elettronica il cui orbitale più esterno è completo, i gas nobili presentano una grande inerzia chimica, ecco perché fino a pochi anni fa sembrava che questi elementi non reagissero chimicamente con altri elementi. Poi si è scoperto che almeno alcuni di essi possono reagire dando origine a fluoruri come ad esempio fluoruri di Xeno. Probabilmente quella blanda solubilità che si riscontra da parte dei gas nobili può essere dovuta alla loro reazione col fluoro. Ad esempio l’elio è assorbito molto facilmente da platino sugnoso, il neon è solubile in ossigeno liquido, in alcool etilico, acetone e benzene, l’argon è solubile in alcool etilico, il cripton è leggermente solubile in alcool etilico ed in benzene.
(3) In base alla misura del pH si evince che si tratta di polimeri costituiti da più di dodici molecole e che arrivano anche ad aggregati di milioni di molecole.
(4) Esempi di polimeri sono il policatione [Al13O4(OH2)12]7+, oppure il polianione [V10O28]6-. Esempi invece di colloidi sono: αFe2O3, oppure Al(OH)3 o ancora γAlOOH.