Come una lente concentra i raggi solari in un fuoco incandescente, la determinazione è un concentrato di indeterminazione.
Il determinismo altro non è che un caso particolare dell’indeterminismo: è quel caso in cui il molteplice “collassa” nel singolo. Con linguaggio matematico potremmo dire che il determinismo è il limite che tende a “uno” del ventaglio di scelte possibili.
La logica è fatta anche di “or”, e proprio per questo non consente di inanellare sequenzialmente un “and” dietro l’altro a formare una catena di cause-effetti. Dopo ogni “and” è necessaria una pausa contemplativa per poter gustare tutti i possibili “or” che riusciamo a concepire con la nostra mente, e se non ne troviamo ci vediamo costretti a fare un passo indietro con un risoluto “not”; ma anche dopo un “not” guai a perseverare con un “and”, perché ci porterebbe in un vicolo cieco: cerchiamo anche in questo caso tutti gli “or” possibili che ci consentano di sperimentare vie alternative.
Il creativo davanti a una “tabula rasa” non parte certo da un “and”: riceve piuttosto in dono una molteplicità di “or” che fatica a contenere perché gli arrivano in testa incessantemente come una pioggia di meteori; putroppo sarà costretto ad operare una scelta fra tutti i meravigliosi “or” che ha il privilegio di poter contemplare e li fa “collassare” mediante un atto deterministico in un elemento montono, cioè privo di armoniche, cioè non armonioso. Ma il “collasso” è necessario per poter consentire ad un nuovo “and” di aprire una nuova finestra verso uno spazio costellato di nuovi “or” e così via come l’albero che, partendo da una molteplicità di foglie, si contrae in rami sempre più radi fino al tronco finale che sarà l’oggetto creato. Purtroppo anche al creativo mancherà il coraggio di immergersi sotto terra per diramarsi nuovamente fra le radici.
Nonostante Darwin e nonostante le generazioni di biologi classificatori di questi due ultimi secoli, la natura fortunatamente è indeterminata, è complessa, è emergente, è anti-entropica.
Anche le neuroscienze stanno scoprendo una realtà indeterministica.
Gli scienziati che si occupano di esperimenti cognitivi hanno cominciato a fare grossi passi avanti da quando si son liberati dell’approccio deterministico ed hanno cominciato a interpretare la realtà in ottica concettualistica.
Persino i fisici – conservatori per loro natura – grazie alla meccanica quantistica, sono approdati all’indeterminismo: non parlo dell’inspiegabile indeterminismo alla Heisemberg della prima metà del secolo scorso, bensì di quello vero e spiegabilissimo intravisto da Bell nel 1964 e sancito dal nobel 2022 riconosciuto ad Aspect, Clauser e Zeilinger. Anzi, molti fisici ormai hanno intuito che le teorie quantistica e relativistica sono incomplete e che sono “completabili” solo a patto di smettere di considerare le entità fisiche come oggetti e cominciare a trattarli come concetti. Aerts, Sassoli de Bianchi, Sozzo e Veloz, col loro articolo appena pubblicato “Sull’interpretazione concettualistica della teoria quantistica e relativistica”, hanno puntato un faro illuminante in questa direzione che speriamo consenta di risolvere molte difficoltà interpretative di questo nostro mondo.
Tutto questo per dire che l’uomo si ostina a non capire che il determinismo è quella catena di cause-effetti, cioè quella catena di “and” che lo lega spalle al mondo nella caverna platonica impedendogli di contemplare tutti i meravigliosi “or” di cui l’universo è costellato.
Questa catena si chiama “pregiudizio ontologico” e prima ce ne liberiamo prima i nostri occhi si apriranno a nuovi spazi e nuove dimensioni.
Torino – 3 novembre 2022
Gianfranco Pellegrini
Bellissima pagina di Epistemologia.
Pier Giorgio Testa
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