I concetti “com-plessi” sono molto diversi da quelli “com-plicati”. La parola “com-plicato” deriva da “plico” e identifica qualcosa che è stato “piegato” alla rinfusa, cioè accartocciato (“in-tricato”), ovviamente diverso da “piegato” ordinatamente come si fa per realizzare una barchetta a partire da un foglio di carta, o come si “piega” un indumento appena stirato, ma comunque, anch’essi “piegati”. Ecco perchè un concetto “com-plicato” può essere “s-piegato”, cioè “dis-tricato” finchè non torna a diventare un foglio piano. Chi “s-piega”, “s-piegando” “com-prende” e fa “com-prendere” mettendo così in “co-mune” (cum munis = mettere in comune un “munis” = dono) l’unico significato “com-preso” da chi “s-piega”.
“Com-plesso” è tutt’altra cosa: deriva al latino “complexus” (part. pass. “complecti”) che significa cose o concetti di diversa natura messi insieme fra loro e dunque già “com-presi” (nel senso di già messi insieme) che non è possibile “s-piegare” se prima non li si separa(1).
Le spiegazioni “chiudono” sistemi (concetti) “aperti” togliendo gradi di libertà che consentirebbero alla mente di spaziare in una gamma di altri significati possibili. E’ come quando si legge un libro e poi si vede un film; normalmente si resta delusi proprio perché la descrizione nel libro lasciava molta più libertà alla fantasia rispetto al film che, attenzione, non solo fa la sintesi del libro ma soprattutto, introducendo la visione (che tra l’altro è corrispondente all’interpretazione del regista), toglie allo spettatore gran parte della fantasia di quando era ancora solo lettore del libro. Omero lo vogliamo immaginare cieco proprio perché la poesia dell’Iliade e dell’Odissea siano evocative ancor più che descrittive. La sordità ha consentito a Beethoven di “sentire” interiormente le note ancor prima di scriverle sullo spartito dandogli la possibilità di superare la percezione sensoriale.
La fisica newtoniana e galileiana, ma ancor prima anche molta filosofia (aristotelica, tomista, ecc.), avendo da risolvere problemi complessi hanno dovuto dapprima separarli in problemi più semplici in modo da studiare ogni corpo separato dagli altri e ogni fenomeno afferente quel singolo corpo separato dagli altri fenomeni concomitanti. Questo anche perché tutta la matematica disponibile è capace di modellizzare sistemi chiusi e non sistemi aperti. Quando diventa giocoforza studiare sistemi aperti (come ad esempio nel caso della termodinamica) per poter studiare il sistema come “chiuso” è necessario associare al corpo il suo complemento, cioè l’universo, da immaginare quest’ultimo, inevitabilmente chiuso; ma in questo caso occorre avere la fortuna di identificare quelli che sono effetti (o cause) afferenti al solo corpo da studiare da quelli che sono invece afferenti al non-corpo e non sempre vi si riesce.
Una delle teorie attuali è quella cosiddetta delle “simmetrie”. Sembra anti-intuitivo ma in fisica, ogni volta che si toglie un grado di libertà (si aggiunge un vincolo) si dice che si “rompe una simmetria”. Secondo questa convenzione, il cosiddetto “vuoto classico” avrebbe simmetria zero; fortunatamente è solo una idealizzazione ritenuta consistente fino alla prima metà del secolo scorso, perché ora sappiamo che quello che esiste è solo il “vuoto quantistico” con simmetria non nulla. Più in generale più aumentano i gradi di libertà e più il sistema diventa simmetrico.
Oggi, anche se ancora insegnato nelle scuole e praticato dagli scienziati della cosiddetta “retroguardia”, l’approccio newtoniano-galileiano è superato dall’approccio cosiddetto “olistico”. Questo perché la “separazione dei corpi” e la “separazione degli effetti” sono ormai da considerare approssimazioni troppo grossolane per le esigenze di precisione del mondo moderno. Oggi occorre studiare i fenomeni nel loro insieme, cioè nella loro “com-plessità”. Questa strada porta inevitabilmente alla perdita di due semplificazioni importanti: la “linearità” e la “chiusura”.
Riguardo alla “linearità”, chi ha fatto un po’ di matematica sa che quasi sempre le equazioni differenziali sono risolvibili analiticamente solo se sono lineari(2). Siccome tutti i fenomeni fisici vengono modellizzati mediante equazioni o sistemi di equazioni differenziali (al più integro-differenziali ma il concetto non cambia), fino alla prima metà del secolo scorso, si studiavano solo sistemi lineari, anzi si pensava ad un universo organico e meraviglioso perché governato da modelli lineari. Una delle conseguenze dell’approccio olistico è quella della non linearità dei modelli che non rende di certo l’universo meno meraviglioso, anzi !!! Fortunatamente a partire dal secondo dopoguerra l’avvento dei computer, grazie al cosiddetto “calcolo numerico”, ha consentito la risoluzione di equazioni differenziali anche non lineari aprendo così la strada allo studio di fenomeni più “com-plessi”.
Ma l’approccio olistico, oltre che alla non linearità porta anche allo studio di sistemi aperti e soggetti a molti gradi di libertà. Anche in questo caso il calcolo numerico ci viene in aiuto nello studio di modelli “com-plessi”(3). Ma qui purtroppo si incontra una difficoltà supplementare, che è quella della difficile riproducibilità sperimentale. In poche parole, mentre da un lato è diventato facile fare la simulazione dei modelli al computer è diventato molto più “com-plesso” verificarne la veridicità per via sperimentale. Un esempio di cui ci occuperemo diffusamente in prossimi articoli è il modello continuo e quello discontinuo dell’acqua. Quello prediletto dai fisici ipotizza l’acqua liquida costituita da piccolissimi grumi di ghiaccio che si costituiscono e si disgregano continuamente e che aumentano al diminuire della temperatura; questo modello, pur avendo il pregio di essere verificabile sperimentalmente non è in grado di “s-piegare” molti comportamenti “anomali” dell’acqua. Quello prediletto da chimici e biologi prevede invece un’acqua polimerizzata che anche oltre i 100°C, allo stato di vapore continua ad essere un dimero e man mano che scende la temperatura è costituita da insiemi di diemeri, trimeri, fino a pentameri ed esameri con la forma esamerica, tipica dei cristalli di ghiaccio presente in modo percentualmente rilevante anche nell’acqua liquida (anzi, fra 0°C e 4°C le forme pentamerica ed esamerica sono predominanti). Questo modello, oltre ad essere facilmente simulabile al computer, purtroppo non è verificabile sperimentalmente ma ha il grande pregio di riuscire a spiegare molti dei comportamenti anomali dell’acqua.
Torino (Italia), 17 novembre 2019
Gianfranco Pellegrini
Note.
(1) Gli insegnanti hanno il ruolo di “s-piegare” i concetti “com-plicati”; i Maestri invece hanno il ruolo di evocare possibili soluzioni a problemi “com-plessi” in modo da “inoculare” dubbi anzichè “somministrare” certezze come fanno gli insegnanti con lo “s-piegare”.
(2) In matematica, una equazione differenziale è lineare sue soluzioni possono essere ottenute da combinazioni lineari altre sue soluzioni.
(3) Molto conosciuto a tal proposito è l’insieme (o frattale) di Mandelbrot perché, oltre ad essere rappresentato visivamente mediante immagini multicolori molto belle, è alla base della teoria del caos ed è legato alla serie di Fibonacci ed alla sezione aurea.